Come pellegrini al Santuario della Madonna della Fonte di Caravaggio
Secondo Tripadvisor il Duomo di Milano è al primo posto tra i dieci monumenti più visitati del capoluogo lombardo. E non stento a crederci visto che è in pole position anche nelle liste stilate dai nostri ospiti, delle attrazioni assolutamente da vedere, una volta arrivati in città. Confesso però che a differenza dei nostri turisti, in famiglia, solo nostro figlio ha avuto finora il piacere, grazie ovviamente a una gita scolastica, organizzata ai tempi delle elementari (Sante Maestre), di ammirarlo dall’interno (a rapirlo a suo dire sono state le 55 splendide vetrate monumentali). Mio marito ed io per ora ci siamo, ahimè, sempre limitati a guardarlo solo dall’esterno e vi giuro che è già tanta roba. Rimandata sempre a un altro giorno, invece, l’idea di salire sulla sua sommità per godere di una vista spettacolare di Milano, oltre che della bellezza delle sue imponenti guglie.
Non ci siamo invece, lasciati scappare l’invito, arrivato niente meno che dall’imprenditore lombardo Antonio Ferrari, presidente dell’omonimo gruppo logistico, di vestire per un giorno i panni di moderni pellegrini (moderni ovviamente perché tutti dotati di smartphone e applicazioni che contano i passi percorsi, suggeriscono la strada più breve, ecc.), prendendo parte al cammino per il Santuario di Caravaggio.
Ben circa 28 i chilometri percorsi a piedi, sabato scorso, che hanno richiesto circa 5 ore di strada, con una media di 5 Km all’ora, in gran parte su strade statali e pezzi di percorsi ciclabili. Nonostante la sveglia proibitiva (la partenza era fissata alle 5 del mattino dal parcheggio del supermercato Famila di Lodi – Campo di Marte, anche se quelli del posto sono soliti partire a mezzanotte per arrivare in tempo per seguire la prima messa della giornata), tutto il gruppo è riuscito, anche se non contemporaneamente, a raggiungere la meta. Tre sole le pause lungo tutto il percorso: due al bar per un caffè e cornetto e una terza al Conad, per uno spuntino salato. Ritorno con passaggio fino al punto di partenza su Range Rover, gentilmente offerto da AF.
Quella che poteva essere vissuta come una delle tante possibili esperienze di team building aziendale abbiamo scoperto, solo in serata e precisamente al momento del brindisi d’apertura della grigliata organizzata a conclusione della giornata, essere, invece, il ringraziamento a una scommessa commerciale, ovviamente vinta, a cui Antonio Ferrari in persona ha voluto mantenere fede e, perché no, estendere/condividere con il suo gruppo di lavoro.
I motivi che, nel corso dei secoli, hanno spinto e continuano a farlo, fedeli e non, a mettersi in cammino verso Caravaggio, che ricordiamo essere uno dei più importanti santuari mariani d’Italia, ma non solo, sono da sempre i più diversi. E ai giorni nostri anche l’aver affidato la buona riuscita di un nuovo business a un voto può essere uno di questi. Io personalmente sono partita solo con l’idea di fare una bella camminata, che mi avrebbe fatto conoscere nuovi luoghi (quelli della Bassa Lombardia), nuovi paesaggi (quelli dei fontanili e delle risorgive) e nuove persone (i colleghi di mio marito). Poi, quasi arrivata a destinazione, anche visto l’interesse che hanno mostrato verso di noi gli abitanti dei paesini che attraversavamo, che ci chiedevano dove eravamo diretti e, una volta scoperto che la nostra meta era proprio il Santuario di Caravaggio, ci chiedevano di pregare anche per loro, ho maturato l’idea che questo pellegrinaggio non doveva essere solo una sfida personale, che oggi posso dire superata (era dai tempi prima del lockdown che non mi cimentavo più un una “vera” camminata che non fosse casa-area cani andata e ritorno), ma anche l’occasione per di ringraziare la Madonna per tutto quello che la vita mi ha regalato (più di quanto avrei mai sperato e immaginato) e chiedere ogni bene che anche per tutto il resto del mondo, Ucraina compresa.
Una preghiera speciale l’ho rivolta al mio Papà, che, a differenza di mia mamma, che anche questa volta ha cercato di scoraggiarmi, di smorzare il mio entusiasmo e di non farmi prendere parte a quest’impresa, mi ha insegnato a non mollare mai. Grazie, Papà!